Gruppo di ricerca: Adolfo Carvelli (Riferimento interno IReR), Enzo Balboni, Alfonso Di Giovanni, Vincenzo Satta (Università Cattolica di Milano)
Committente: Consiglio Regionale della Lombardia, D.G. Assistenza Legislativa
Periodo di svolgimento: marzo 2000 - giugno 2000
Dati di pubblicazione: IReR - Rapporto di ricerca
Alla presente ricerca che costituisce la prosecuzione
e la conclusione della prima fase svolta lo
scorso anno, è stato assegnato un duplice scopo.
Essa interveniva, anzitutto, nel periodo concomitante a quello della discussione
e poi dell’approvazione della legge costituzionale n. 1 del 22 novembre 1999 relativa
ad una prima, cospicua, modifica della Costituzione relativamente alla forma di governo regionale - a
partire dall’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale. Veniva poi
aggiunta una ingente potestà statutaria svincolata dalla necessaria approvazione
da parte del Governo della Repubblica, il quale è adesso abilitato soltanto a
promuovere eventualmente la questione di legittimità degli Statuti regionali
dinanzi alla Corte Costituzionale. Il terzo punto di forte novità concerne le
conseguenze dell’approvazione da parte del Consiglio della mozione di sfiducia
verso il Presidente (se eletto direttamente). In tal caso la caduta del
Presidente della Regione produce a tempo stesso lo scioglimento del Consiglio.
A tale situazione di “movimento” rispetto a posizioni che si erano mantenute statiche per decenni ha risposto -
e sta rispondendo - un vasto riorientamento della dottrina, anche sotto il
profilo di offrire indicazioni che possano risultare utili nella fase
statutaria, importantissima, che adesso si apre.
È con questo spirito che è stata impostata e scritta la prima parte del lavoro,
il cui motivo dominante è lo sforzo di dare il rilievo che gli
spetta al Consiglio regionale e ai suoi componenti.
Non ci sono dubbi che la tendenza dominante oggigiorno nelle diverse istituzioni
della Repubblica sia quella volta al rafforzamento dell’organo esecutivo, a scapito delle assemblee. Le
ragioni di questa tendenza sono numerose, di matrice politica ed istituzionale,
ma in generale può affermarsi che è in atto una crisi del parlamentarismo,
nelle sue varie forme: anzi la politica diventa sempre meno istanza di
mediazione e sempre più istanza di decisione (veloce nel procedimento e
determinata nel contenuto). Quale spazio resta dunque all’organo assembleare, ossia, nelle Regioni,
al Consiglio? Di questi interrogativo si fa carico la Prima Parte della ricerca.
L’intento è stato quello di mettere a disposizione dei consiglieri eletti nella nuova legislatura alcune
tracce di best practice sui temi di
organizzazione e di attività.
I risultati della Seconda Parte della ricerca sono così sintetizzabili:
il Consiglio regionale – non diversamente dai due rami del Parlamento –
ha una articolazione interna necessaria costituita dai gruppi consiliari, i
quali si situano in prossimità organizzativa, funzionale ed ideologica ai
partiti o movimenti che si sono presentati alla competizione elettorale. è
costante nei regolamenti la doverosità di appartenenza ad un gruppo consiliare:
o ad un gruppo collegato a movimenti politici, oppure al gruppo misto. Resta
comunque una libertà di movimento da un gruppo all’altro per ogni membro del
Consiglio, la quale si iscrive, a sua volta, negli spazi di autonomia di
ciascun consigliere in assenza di un vincolo di mandato nel rapporto eletto – elettori.
Emerge un collegamento tra questa materia e le disposizioni della legge
elettorale che possono favorire ovvero rendere difficile o impossibile la formazione dei piccoli – o
addirittura piccolissimi - gruppi
(2000A036; IST/47).