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[1987] I centri diurni per anziani in Lombardia

Gruppo di ricerca: Adina Ciorli

Dati di pubblicazione : Milano, IReR, 1987

La ricerca risponde ad una precisa richiesta del Settore Assistenza e Servizi Sociali della Giunta della Regione Lombardia e completa una serie di indagini esplorative sulla consistenza dell'offerta di servizi aperti rivolti agli anziani. Oltre al censimento, l'indagine offre un profilo essenziale dei Centri Diurni nella regione che cerca di cogliere la configurazione, le finalità prevalenti e i modelli organizzativi su cui il governo regionale potrà misurare il proprio intervento. Il Centro Diurno rappresenta nella regione una disomogenea realtà di prestazioni che, laddove più si configura come un servizio ad intervento pubblico, meglio degli altri servizi socio-assistenziali fa emergere l'esigenza di "integrazione" fra prestazioni, costituendo un esempio concreto di costruzione di essa in un territorio o "spazio" esterno alla rigida configurazione istituzionale dei ruoli dei singoli servizi, guidata dal prevalere della domanda che in questo luogo si aggrega e trova un canale di espressione istituzionale. Nello schema concettuale di rilevazione informativa della Regione questo servizio disturba per la sua non inquadrabilità entro uno specifico ambito di intervento e quand'anche ve lo si riducesse, andrebbe persa tutta l'attività di interazione fra servizi in esso prodotta, il cui tratto più positivo è probabilmente rappresentato proprio dall'intervento congiunto di servizi diversi in risposta ad una unitarietà di domanda. Gli interventi e le iniziative analizzate si configurano principalmente e prioritariamente come risposte assimilabili a forme self help: gruppi di pari, in questo caso sostanzialmente i pensionati - anziani ed invalidi - quindi non professionisti, che consapevolmente si mobilitano per trovare forme associative in cui offrire in modo organizzato opportunità di incontri sociali nel senso più lato del termine, dal semplice ampliamento di opportunità di relazioni interpersonali all'organizzazione dell'informazione su come utilizzare risorse e servizi offerti dalla comunità, in risposta ad una specificità di bisogni che si fonda sull'omogeneità del gruppo. Tale modello trova nella realtà regionale una diversa declinazione nei gradi di collegamento, anche operativo, con veri e propri interventi professionali nello specifico ambito di bisogni definiti dall'aggregazione del gruppo. L'interazione fra questo e gli interventi professionali di servizio trova esemplificazioni che sfumano in una gamma di gradi diversi di integrazione e di contenuto. I punti di contatto e sovrapposizione con interventi professionali di servizio pubblico degli enti locali riguardano le competenze del servizio sociale fino ad esempi anche di assunzione "in toto" da parte di Comuni e Comunità montane degli aspetti logistici, organizzativi e gestionali del Centro Diurno; le competenze di servizi medici, infermieristici e riabilitativi dell'ente locale, dell'Ussl, o di altre agenzie di servizio specifiche per ciascun ambito territoriale; le competenze di servizi parascolastici, ancora dell'ente locale, per i servizi di mensa. In una certa misura alcune prestazioni vengono ricercate anche attraverso convenzioni di lavoro di natura privata, come ad esempio per i corsi di ginnastica. Sotto quest'aspetto, il Centro Diurno diventa uno spazio di fruizione di servizi, luogo di incontro tra domanda ed offerta di servizi pubblici, integrativo rispetto all'esistente. I confini fra pura organizzazione o associazione di self help e servizio con presenza di personale con competenze professionali specifiche sono difficilmente tracciabili, perché anche laddove opera personale professionale, questo non vi opera mai a tempo pieno, ma per lo più divide la propria attività a favore di una categoria di utenti - in questo caso gli anziani - in più forme istituzionali di servizio, il Centro Sociale, l'Assistenza Domiciliare, il Centro Geriatrico, la Comunità Alloggio o la Casa Albergo, il Centro Psico-sociale e via di seguito, secondo specifiche configurazioni territoriali. La valutazione dell'intervento del Centro Diurno si intreccia inscindibilmente con quella degli altri servizi, storicamente precedenti, di diversa configurazione e natura, ma certamente di più consolidato riconoscimento istituzionale. E il Centro Diurno si pone veramente come una "camera di compensazione" di altri servizi senza un'identità propria che è ricuperabile solo attraverso la presenza di un lavoro di self help.

La diffusa caratterizzazione del Centro Diurno come Associazione di self help nega d'altronde la sua esistenza come servizio e lo connota solo come uno spazio fisico, luogo di aggregazione dell'utenza. Cionondimeno questa utenza non è l'utenza anziana, né per rappresentatività - essa infatti è un'utenza consapevole con alto livello di autonomia organizzativa e capacità di interagire con le diverse organizzazioni territoriali; né per bisogno - essa è prevalentemente costituita da anziani autosufficienti che hanno vissuto la propria vita in situazioni di più intensa urbanizzazione (una più frequente pregressa esperienza di vita operaia e di attività sindacale, una più vicina esperienza di movimenti di aggregazione sociale e di rappresentanza di istanze); né, soprattutto, per entità - l'indagine campionaria sull'utilizzo dei servizi della popolazione fornisce la dimensione dell'utenza relativa ai Centri Diurni rispetto a quella di tutti gli altri servizi (fra gli ultrasessantacinquenni sono stati registrati lo 0,2% di usi dei Centri Diurni a confronto con il 61% di assistenza medica ma anche con il 3,5% di assistenza domiciliare).

La base autogestionale e il formarsi di un'area di bisogno che si consulta e si riconosce nell'istituirsi come gruppo, comporta elementi che meritano attenta riflessione da parte di chi in questo settore si ponga obiettivi di intervento. L'utenza del Centro Diurno è un'utenza consapevole più di quella di altri servizi sociali o sanitari, che ha raggiunto la capacità di identificare i propri bisogni, esprimerli e organizzare un lavoro di mutua assistenza. E' necessario quindi che l'intervento pubblico, favorendo il nascere ed il diffondersi di forme di autoaiuto, abbia sempre presente la valutazione dell'area di bisogno che queste esprimono, rispetto all'area di bisogno della popolazione anziana nella sua totalità.

Il lavoro di self help è un lavoro volontario che presenta una estemporaneità legata ai luoghi, alle persone e a specifiche congiunture. Può conoscere momenti di vigoroso sviluppo e momenti di riflusso; è sostanzialmente impossibile vincolarlo a continuità nel tempo e anche a livelli di produzione misurabili e confrontabili. In questo senso particolarmente istruttivo è stato il risultato, in parte inatteso, della ricerca sull'entità del volontariato nel settore, che conferma quanto viene segnalato nella letteratura sulla necessità di una quantificazione relativa del lavoro volontario sul totale del lavoro svolto da un servizio, oltre che all'interno della stessa organizzazione di volontariato. Questi elementi suscitano legittimi interrogativi sulle possibili razionalizzazioni di interventi congiunti fra settore pubblico e tali organizzazioni. (X,SOC/7/7)

Ultimo aggiornamento: 20 settembre 2001
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