Gruppo di ricerca: Franco Malerba, Alberto Riva, Angelo Lassini, Giordano Lombardo, Giorgio Sbampato, CESPRI, Università L. Bocconi
Dati di pubblicazione : Milano, IReR, 1989
La dialettica impresa/ambiente si è riproposta, negli ultimi anni, al centro della riflessione degli economisti industriali e aziendali: una spinta decisiva è in tal senso derivata dall'esplicitarsi di differenti e confliggenti finalità e criteri di razionalità tra subsistema delle imprese e forze ambientali, che hanno contribuito a determinare una crescita dei costi dello scambio con l'ambiente per le imprese. Allo stesso tempo, come si risolvono i conflitti, e più in generale, l'ampiezza e la modalità di interazione con l'ambiente divengono sorgente di vantaggi competitivi, sia a livello di sistema alla scala internazionale, sia a livello aziendale. Le asimmetrie tra le imprese si determinano dunque in base al grado di controllo dell'ambiente rilevante e alle differenti capacità di adattamento alle variazioni ambientali comunque non controllabili e prevedibili. Il controllo delle interdipendenze ambientali può essere diretto, attraverso l'internalizzazione degli scambi e la riduzione del loro peso relativo (integrazioni verticali, fusioni orizzontali, diversificazione dei prodotti e dei mercati); o affidato ai normali meccanismi di mercato, quando la relativa stabilità degli aggregati e la facilità di integrare le rispettive attività consentono la coordinazione spontanea di organizzazioni specializzate; o, ancora, promosso tramite accordi di cooperazione interaziendale, dove le normali transazioni di mercato risultano inefficienti perché l'oggetto di scambio è rappresentato da beni e servizi che necessitano una coordinazione pianificata, cioè definita ex ante sia qualitativamente sia quantitativamente. L'economia transazionale ha sviluppato l'analisi delle scelte tra gerarchia, mercato e "forme intermedie" di organizzazione. Ma il rapporto di interazione e scambio con l'ambiente non è esaurito dalle transazioni puntuali che ne rappresentano l'unità di analisi. La creazione di un ambiente negoziato favorisce, infatti, lo sviluppo di rapporti cooperativi interaziendali non regolati da contratti espliciti, ma da norme di reciprocità ; soprattutto, l'ambiente rilevante di un'organizzazione è costituito da un insieme di interazioni più ampio ed eterogeneo rispetto ai mercati degli inputs e degli outputs, non riconducibili all'alternativa di make or buy o negoziabili in forme contrattuali. In particolare non lo sono quelle intervenienti con sistemi (scientifici, politico-istituzionali, socio-culturali) contrassegnati da peculiari logiche di funzionamento e sviluppo. L'acquisizione, ad esempio, di conoscenze scientifiche e tecnologiche implica sia la contestuale presenza di costi interni (di monitoraggio e selezione delle informazioni, di sviluppo interno delle tecnologie) e transazionali (con centri di ricerca pubblici e privati e con altre imprese), sia la loro trasmissione senza specifico corrispettivo. Lo scambio di informazioni nella realizzazione del processo innovativo avviene infatti solo in parte in modo codificato, tramite l'acquisto e la vendita di "blocchi di informazioni" autosufficienti (brevetti, licenze, know-how tecnico), ma anche attraverso la selezione di informazioni liberamente disponibili, che hanno un valore d'uso per l'organizzazione nella misura in cui si combinano con un preesistente corpo di conoscenze accumulate. La capacità di valorizzare le risorse ambientali è dunque condizionata dal capitale umano che l'impresa ha selezionato e organizzato. I primi due capitoli della ricerca affrontano i temi dell'efficiente utilizzo delle risorse che condizionano la capacità competitiva a livello aziendale e del processo di sviluppo del capitale conoscitivo dell'impresa, analizzando le strategie di selezione e accumulazione delle risorse distintive interne, le differenti modalità di apprendimento interno ed esterno e la loro integrazione. Il terzo capitolo è dedicato all'analisi più generale delle caratteristiche della dialettica con l'ambiente di settori industriali omogenei relativamente alla problematica tecnologica, approfondendo sotto tale aspetto la tassonomia settoriale proposta da Pavitt, basata sul tipo di fonti del mutamento tecnologico, la natura dei bisogni degli utilizzatori, le modalità con cui le imprese riescono ad appropriarsi dei benefici dell'attività innovativa. Gli ultimi due capitoli sviluppano, alla luce dei risultati del capitolo precedente, l'analisi empirica della struttura industriale italiana e lombarda, quale emerge dalla loro collocazione sul mercato mondiale. In particolare, il quarto capitolo verifica la dimensione internazionale dell'industria italiana alla luce della specializzazione delle esportazioni, della bilancia tecnologica dei pagamenti, degli investimenti diretti all'estero e della tipologia degli accordi di collaborazione interaziendali. Il quinto capitolo verifica il ruolo specifico assolto a livello nazionale dall'industria lombarda, analizzando le esportazioni a livello settoriale, la propensione aziendale all'innovazione tecnologica e l'integrazione infraregionale con le altre regioni italiane. Per quanto riguarda quest'ultimo punto, dal complesso dei dati esaminati viene la conferma che le peculiarità del tessuto industriale lombardo sono tali da configurarlo quale subsistema specializzato che assolve una doppia funzione, di regione-cerniera con l'Europa comunitaria e di fornitore tecnologico rispetto al resto d'Italia. L'industria lombarda è caratterizzata, infatti, da una forte integrazione intersettoriale; inoltre, la sua specializzazione produttiva nei settori a media ed elevata tecnologia viene rafforzata da una sistematica maggior propensione all'innovazione, sostenuta da investimenti in R&S delle imprese lombarde significativamente superiori alla media nazionale. L'attivo della bilancia commerciale lombarda nei settori a medio ed elevato contenuto tecnologico deriva tuttavia principalmente dal forte flusso di esportazioni interne. Alla base del positivo superamento della fase di ristrutturazione aziendale e di interi settori, propria della prima parte degli anni Ottanta, sta la capacità delle aziende lombarde di selezionare, formare ed utilizzare risorse firm-specific e di valorizzare le economie esterne region-specific (maggior disponibilità di lavoro ad elevata qualificazione, ampio tessuto di imprese innovative fortemente interdipendenti, sviluppo del terziario avanzato). I problemi restano legati alla difficoltà di riproduzione allargata e di estensione delle competenze aziendali necessarie a sfruttare pienamente le economie di scala statiche e le economie di scopo. A livello aggregato, ciò si traduce in una relativa debolezza nei settori ad elevata intensità di scala e in quei settori high-tech dove la standardizzazione dei prodotti e quindi la dimensione produttiva giocano un ruolo decisivo. Mancano inoltre azioni intenzionali programmatiche volte a modificare l'ambiente economico, favorendone l'evoluzione coerente con le esigenze emergenti dal nuovo contesto competitivo internazionale. E ciò chiama in causa, oltre alla stessa cultura imprenditoriale, l'operatore pubblico, a cui sono richieste iniziative finalizzate a favorire sia la creazione di nuove economie esterne sia un rinnovato impegno nell'ambito infrastrutturale. (x,E74/18)
Ultimo aggiornamento: 19 settembre 2001