Committente: Consiglio Regionale della Lombardia, D.G. Assistenza Legislativa
Gruppo di lavoro: Federica Ancona (project leader); Massimiliano Bergomi
Periodo di svolgimento: gennaio 2002 - dicembre 2002
Dati di pubblicazione: IReR - Rapporto di Ricerca
La prima parte del lavoro ha riguardato un’analisi documentale relativamente agli interventi realizzati in materia dalla Regione Lombardia. Da tale analisi è emerso che molti interventi realizzati hanno di fatto permesso di rilevare lo stato di applicazione del D.Lgs. 626 fra le imprese lombarde, evidenziando nel contempo le criticità e le azioni correttive, nonché la necessità da parte dei servizi istituzionali di sviluppare una migliore capacità di analizzare ed interpretare gli aspetti salienti dell’organizzazione e gestione del sistema prevenzionale aziendale.
Per quanto riguarda l’indagine qualitativa relativa agli attori pubblici e privati che hanno occupato un ruolo di supporto alle imprese artigiane, emerge che la maggioranza degli operatori contattati è concorde nell’affermare che il cammino da percorrere, per arrivare ad un effettivo e consistente miglioramento della prevenzione nelle imprese artigiane, deve passare attraverso azioni finalizzate a favorire una significativa evoluzione culturale.
E’ proprio la mentalità la principale criticità di fondo evidenziata nell’applicazione del D.Lgs. 626 fra le imprese artigiane.
Complessivamente, gli attori contattati affermano che l’adesione al sistema delineato dal dettato legislativo è discreta, tuttavia si tratta di un approccio ancora troppo formale e non in grado di indirizzare la programmazione dell’attività di impresa.
Nella terza parte del lavoro, in particolare dall’indagine qualitativa presso le imprese artigiane, emerge che l’impatto del D.Lgs. 626 è stato piuttosto pesante specialmente per quelle realtà che prima della norma non avevano affrontato efficacemente la questione sicurezza. L’indagine ha evidenziato le seguenti criticità nell’applicazione della normativa:
- aspetto informativo;
- qualità dei consulenti;
- comunicazione con la Pubblica Amministrazione;
- costi per l’adeguamento strutturale e dei macchinari;
- formazione;
- valutazione dei rischi
Sulla base delle evidenze riscontrate si ritiene che uno degli aspetti su cui è necessario intervenire rapidamente e in modo integrato (fra le varie associazioni, Pubblica Amministrazione ecc.) e programmato sia quello culturale. Nel rapporto finale di ricerca, se ne parla diffusamente evidenziando i rischi di un sistema basato su una generalizzata non cultura della sicurezza.
Gli interventi dovrebbero, fra l’altro, indirizzarsi verso:
- un miglioramento delle modalità di formazione per favorire un maggior coinvolgimento. Perché i corsi sulla sicurezza sembrano più interpretati come semplice addestramento e non invece come veri e propri corsi di formazione, dove l’obiettivo non è solo la spiegazione della norma e dei comportamenti da attuare per mettersi in regola, ma soprattutto sviluppo della persona e del suo ruolo di cittadinanza? Naturalmente qui entra in gioco un secondo problema, ossia la preparazione dei “formatori” che deve basarsi su un rigoroso processo formativo, tale da favorire poi in aula l’applicazione di metodi interattivi e di valutazione della motivazione e soddisfazione dei partecipanti.
- un miglioramento dell’efficacia dei canali informativi e degli strumenti di sensibilizzazione. Sarebbe auspicabile il ricorso da parte della Pubblica Amministrazione, ma anche delle associazioni di categoria, a forme di sensibilizzazione (per esempio tramite mass-media, testimonianze privilegiate, ecc.) sul tema della sicurezza, evidenziando i costi economici e sociali della non sicurezza, nonché favorire una razionalizzazione dell’informazione, che determini chiarezza e certezza del messaggio. Si dovrebbe altresì coinvolgere anche il mondo scolastico, poiché da qui passeranno anche gli artigiani di domani: ciò potrebbe favorire una diffusa condivisione della cultura sulla sicurezza anche fra le nuove generazioni, futuri lavoratori e datori di lavoro;
- l’analisi di possibili modalità di certificazione delle competenze dei consulenti
Ciò potrebbe forse fornire qualche garanzia circa la qualità del consulente, a patto però di non interpretare solo burocraticamente tale opportunità.
Un ulteriore aiuto, per un’applicazione più efficace della normativa nelle imprese artigiane, potrebbe derivare anche da una sua semplificazione, non certo nel senso di snaturare i principi ispiratori della normativa. Si tratterebbe di valutare e semplificare quelle disposizioni che hanno evidenziato un’applicazione puramente formale o addirittura nulla.
Per quanto concerne la criticità dei costi, al di là di generici richiami al credito, sarebbe già molto importante poter fornire tempi certi per gli esiti delle istruttorie per la valutazione delle domande di finanziamento pubblico. I tempi e l’aleatorietà dell’esito di molti bandi hanno di fatto non favorito l’accesso da parte delle imprese artigiane.
Infine, non si può non auspicare che fra imprese e Pubblica Amministrazione si raggiunga, specialmente sul tema della sicurezza, un livello di confronto il più possibile sereno e costruttivo per il raggiungimento dell’obiettivo comune: il rispetto della salute dei cittadini. Ciò sarà possibile solo se entrambe le parti abbandoneranno quel reciproco approccio basato sul sospetto e non sulla collaborazione, retaggio di un passato sintetizzato dal “comando-controllo” (2001C004.3; E/5/32 ).
Ultimo aggiornamento: 8 maggio 2003