Home Page dell'IReR /Abstract delle ricerche IReR
[Classificazione alfabetica] [Classificazione gerarchica]

[1982] Terziario pubblico in Lombardia

Gruppo di ricerca: Luigi Campiglio, Renato Frabasile, Domenico Delli Gatti, Giuseppe Gario

Dati di pubblicazione : Milano, Angeli, 1982

Il trasferimento dei poteri e delle funzioni dallo Stato verso gli Enti locali in campo sociale e sanitario ha posto il problema di una ridefinizione e riorganizzazione dell'intervento pubblico in ambiti caratteristici del settore terziario, con l'implicazione altresì di problemi teorici e metodologici. In particolare, il passaggio delle funzioni agli Enti locali ha posto il problema relativo alla capacità di questi di soddisfare una domanda aggiuntiva rispetto a quella esistente. La ricerca ha affrontato simultaneamente problemi sia teorici che empirici elaborando, secondo modelli di regressione lineare, dati ufficiali esistenti e fornendo elaborazioni originali, in un caso (il settore ospedaliero) promuovendo una ricerca sul campo per il comune di Milano. La ricerca offre così nuovi spunti nel contenuto informativo per utili indicazioni pratiche all'operatore pubblico e nuove prospettive di ricerca.

Una corretta verifica dell'ipotesi di un basso tasso di produttività nel settore terziario comporta da un lato definizioni rigorose dell'output e dell'input tra loro effettivamente indipendenti, dall'altro, un'analisi accurata del ventaglio di produttività all'interno degli aggregati. In generale l'esistenza di molteplici funzioni, particolarmente nei grossi comuni, e la valutazione di un'eventuale domanda latente, tipica nei settori non di mercato, sono problemi risolvibili su scala microeconomica e di specifiche funzioni. L'analisi del terziario pubblico in Lombardia (dove sul piano occupazionale si registra l'esistenza di un terziario pubblico locale forte di 439 mila unità di cui il 32 per cento occupato negli ospedali e nei comuni) passa così attraverso una disaggregazione su base funzionale, individuando negli ospedali e nei comuni due aree cruciali anche in relazione alla loro integrazione territoriale e amministrativa. Il modello interpretativo del sistema ospedaliero in Italia e Lombardia fornisce un quadro del processo di aggiustamento fra domanda e offerta di servizi ospedalieri utilizzabile tanto in un'analisi di tipo temporale che in una "cross-section" fra regioni. La prospettiva offerta rovescia in parte l'ipotesi generalmente accettata, nel senso che l'offerta di prestazioni viene considerata funzione della domanda, avendo quest'ultima determinanti di tipo prevalentemente esogeno. Sebbene in Italia la più parte dei servizi ospedalieri venga fornita nell'ambito di un settore non di mercato, esistono segnali di domanda diretti e indiretti alternativi ai prezzi a disposizione degli operatori pubblici e privati. La crescita della popolazione assicurata, l'aumento della quota di popolazione anziana, la composizione della famiglia, l'ingresso delle donne nel mercato del lavoro, i mutamenti nella casistica medica sono segnali di domanda che nel modello convergono sul tasso annuo di variazione del numero di degenti negli ospedali. Esiste altresì la possibilità di esistenza di una domanda insoddisfatta sotto la forma di code e di allungamenti dei tempi di attesa. Quanto all'evoluzione delle strutture ospedaliere in Italia, l'analisi conferma la capacità esplicativa del modello proposto e offre altresì nuovi elementi di ricerca e di riflessione su punti cruciali: - sostanziali mutamenti nella distribuzione dei posti-letto e dei degenti, avvenuti nel periodo 1959-78 fra categorie di ospedali e fra reparti ospedalieri, fanno emergere possibili spiegazioni della crescita della spesa ospedaliera (maggior quota di posti-letto negli ospedali generali con probabili costi per giornata di degenza più alti e una maggiore quota di degenti in reparti specializzati ad elevata intensità di cure); - nel periodo 1960-1977 è triplicata l'occupazione negli ospedali pubblici con tassi annui di crescita superiori a quelli dell'economia e di altre attività ; -la media nazionale dei medici ospedalieri a tempo pieno si presenta poco elevata nei confronti internazionali e presenta inoltre una grande variabilità tra le regioni (anno 1975), situazione che sottolinea l'esigenza di esprimere l'organico dei medici in unità equivalenti a tempo pieno; - una caratteristica peculiare del sistema ospedaliero italiano è costituita dall'elevata concentrazione di risorse in ospedali di grandi dimensioni: nel 1975 il 3,9% degli istituti con oltre 1500 posti-letto assorbiva il 23% dei posti-letto totali, il 24% dei degenti, il 24% delle giornate di degenza e il 30% del personale medico.

L'analisi teorica dei problemi inerenti alla misurazione della produttività, quali l'omogeneità dei dati input e output, i rapporti tra produttività e tempo, i livelli di produttività, la convenzionalità dei confini tra qualità (efficacia) e quantità (efficienza) unita all'esame dell'esperienza positiva condotta negli Usa dal Dipartimento del Lavoro (che ha elevato la produttività delle funzioni pubbliche ai livelli del settore privato), fanno concludere che la misurazione della produttività nella PA è un obiettivo realizzabile purché si osservino determinate condizioni, attentamente analizzate nella ricerca. Si delinea quindi l'evoluzione delle strutture ospedaliere in Lombardia, analisi maggiormente approfondita rispetto alla precedente grazie ai dati forniti dall'Assessorato alla Sanità. I risultati del confronto Lombardia/Italia confermano il quadro interpretativo esposto e poco si discostano da quelli ricavati a livello nazionale. Significativi risultati emergono tuttavia da un'indagine sul campo (che ha prodotto anche una scheda dettagliata per ogni ospedale pubblico o privato dell'area milanese) riguardo alla divisione del lavoro tra maschi e femmine, alle liste d'attesa, al tempo parziale dei medici (62% a Milano, 4% a Sondrio), al rapporto tasso di saturazione dei posti-letto/liste d'attesa). Sulla base dei dati forniti dal primo censimento del personale degli enti locali in servizio al 31.12.1978 predisposto dal Ministero degli Interni, si è condotta infine un'analisi sulle funzioni dei Comuni centrata sull'occupazione e non sui valori di bilancio: la variabile è stata ritenuta più appropriata nell'ambito di funzioni di produzione (servizi). Alcuni tra i risultati più significativi possono essere così riassunti: 1, il rapporto dipendenti comunali/popolazione aumenta col crescere delle dimensioni delle città, il che sembra essere il risultato di un'accentuata domanda di nuove funzioni o di funzioni già esistenti piuttosto che il risultato di diseconomie di scala del Comune; 2, si constata un prevalente orientamento dei servizi verso il settore istruzione, in particolare l'area dell'età primaria, per il quale maggiore è il peso occupazionale; 3, la struttura occupazionale degli enti comunali si presenta come un solido nucleo interno di occupati di ruolo avvolto da un consistente involucro di occupazione precaria e fluttuante (circa il 30%); 4, la struttura retributiva dei dipendenti del Comune di Milano negli anni 1979 e 1980, calcolata sulla base dei valori annui, appare eccessivamente appiattita con una scarsa mobilità sia verticale sia orizzontale. (X,SOC/7/3)

Ultimo aggiornamento: 15 settembre 1999
[Classificazione alfabetica] [Classificazione gerarchica]

Su