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[1985] Rapporto IReR '85

Gruppo di ricerca: Bruno Colle, Giuseppe Gario, Giorgio Lunghini, Alberto Martinelli, Giorgio Pastori e Tiziano Treu, Gianfranco Bazzigaluppi, Carlo Bianchi, Adolfo Carvelli, Antonio Chiesi, Martino Colucci, Elvina Degiarde, Giuseppe Franco Ferrari, Guido Gay, Daniela Gregorio, Alberto Majocchi, Mario Napoli, Alberto Roccella, Pier Antonio Varesi

Dati di pubblicazione: Milano, IReR, 1985.

Parte economica

L'economia lombarda ha continuato a crescere nel 1985, anche se ad un ritmo più moderato rispetto al 1984, e si prevede una crescita per il 1986 a ritmi analoghi a quelli del 1985. La crescita del Pil è più vivace di quella nazionale, a causa di una ripresa produttiva trainata dagli investimenti fissi lordi (in crescita dopo anni di continua flessione), grazie ad un'eccedenza netta delle esportazioni sulle importazioni, e grazie a modificazioni nel modo di produrre delle imprese lombarde che sono andate in direzione di una specializzazione della produzione.

A questo dato positivo fa però riscontro quello negativo che riguarda il mercato del lavoro: i disoccupati sono aumentati nel corso dell'anno ad un ritmo più sostenuto di quello nazionale. Se al tasso di disoccupazione ufficiale (passato dal 7% al 7,5%) si aggiunge la quota di "disoccupazione implicita" della Cig, si sfiora il tasso del 10% a livello regionale.

Il "Rapporto" si sofferma quindi sulle prospettive dell'economia regionale che sta attraversando una fase significativa di ristrutturazione. Alcune dimensioni erano emerse dalle elaborazioni dei dati censuari: riduzione della dimensione media delle imprese, diffusione territoriale dello sviluppo, despecializzazione di aree sistema, sviluppo del terziario, ma soprattutto un aumento della complessità del sistema. Diventa infatti sempre più difficile elaborare schemi interpretativi capaci di tener conto della quantità delle variabili in gioco (l'ipotesi del "conservatorismo industriale", che identificava nella persistenza di alcuni settori maturi nella nostra regione uno dei principali fattori di decadenza, è stata ridimensionata dai dati più recenti che mostrano come nei settori definiti "maturi" siano intervenute misure che recuperano produttività ed efficienza).

Parte sociale

Tra i complessi fenomeni sociali che interessano la società lombarda si segnalano: - a livello demografico complessivo, la conferma del declino della popolazione dovuto ad una flessione del tasso di natalità che si accompagna ad una riduzione dei saldi migratori; -il mutamento di funzioni che interessa l'intera regione e non più soltanto l'area metropolitana: da un lato l'innovazione tecnologica fa assumere un peso sempre più rilevante ai settori di elaborazione e di trasmissione delle informazioni, dall'altro crescono i posti di lavoro nelle strutture pubbliche. Tali fenomeni causano la ridefinizione dei profili professionali e la nascita di nuove professionalità, con la conseguente emarginazione di alcune occupazioni tradizionali soprattutto di tipo manuale. La presenza femminile sul mercato del lavoro è in continua crescita; - l'inadeguatezza del settore della formazione professionale gestito dalla Regione Lombardia rispetto alle esigenze qualitative della domanda di forza lavoro; - la contrazione del livello di spesa delle famiglie lombarde. Si è avuto un incremento in termini reali dei consumi alimentari e delle spese per i trasporti, in particolare quelli pubblici; si sono ridotte le spese per il tempo libero e i consumi voluttuari.

Le condizioni ambientali della regione rappresentano un altro flash sulla "qualità della vita" della società lombarda; emerge da alcuni dati un quadro inquietante, caratterizzato essenzialmente da un notevole livello di congestione, da punte allarmanti di inquinamento atmosferico, da una notevole compromissione del sistema idrico, dalla presenza delle cosiddette "piogge acide".

Parte istituzionale

Il "Rapporto" sottolinea ancora la necessità di un diverso approccio nei rapporti tra Stato e Regioni (a partire dallo spirito dell'art. 11 del DPR 616/77) che riconduca l'azione del centro ad un ruolo di guida e di coordinamento generale entro il quale possa organicamente svilupparsi l'azione autonoma delle Regioni, esigenza questa particolarmente sentita dalla Regione Lombardia. Malgrado gli sforzi compiuti si deve constatare la tendenza del governo nazionale ad aggravare gli spunti "centralistici" e a ridurre l'autonomia regionale ad amministrazione sotto tutela; tre episodi in particolare confermano queste tendenze: nel campo del territorio, la legge 431/85; nel campo dei servizi sociali, la legge 297/85; nel campo dello sviluppo economico, la legge 863/84. Gli esempi citati sottolineano come dal condizionamento legislativo, programmatorio e finanziario si stia passando al condizionamento amministrativo, con la conseguente trasformazione del sistema delle autonomie politiche in un sistema di autarchia amministrativa, mediante il prevalere della componente amministrativa sulla componente politica. La questione del rapporto tra Stato e Regioni non è solo un problema di rapporti interistituzionali, ma anche e soprattutto un problema di funzionalità complessiva delle istituzioni nei rapporti con i cittadini. (x,GEN/0/6)

Ultimo aggiornamento: 19 settembre 2001
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