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[1989] Rapporto IReR '89 - Rapporto di legislatura

Gruppo di ricerca: Giuseppe Gario, Giorgio Lunghini, Alberto Martinelli, Giorgio Pastori, Tiziano Treu, Stefano Allievi, Vittorio Angiolini, Carluccio Bianchi, Adolfo Carvelli, Antonio Chiesi, Alberto Colombo, Martino Colucci, Emilio De CapitaniElvina Degiarde, Guido Gay, Daniela Gregorio, Alberto Majocchi, Marina MuratPier Antonio Varesi, Francesca Zajczyk

Dati di pubblicazione: Milano, IReR, 1989.

Il Rapporto IReR '89 - Rapporto di legislatura, predisposto ai sensi dell'art. 6 della legge regionale 31.3.78 n. 34 e della successiva legge regionale 25.11.86 n. 55 "Norme sulle procedure della programmazione sul bilancio e sulla contabilità della Regione" - si articola nelle tradizionali tre parti (economica, sociale, istituzionale) tracciando un bilancio del quinquennio 1985-1989.

Presentazione e sintesi Si commentano qui i fatti più importanti del quinquennio 1985-1989, con particolare riguardo al vero e proprio rinascimento industriale ed ai valori di autoimprenditorialità tipici della Lombardia, pur in un contesto di modesti investimenti pubblici e di notevoli problemi di tenuta dei rapporti economici sotto il profilo della conflittualità sindacale e degli affari illegittimi. Notevoli segnali di riorientamento si rilevano sul piano sociale e territoriale: nel primo caso con una riaffermazione dei valori fondamentali di rispetto della persona umana e di coesione sociale; nel caso del territorio con una crescente importanza del "triangolo europeo" formato dalle direttrici urbane lombarda, veneta ed emiliana, in relazione alla ricostituzione di un forte baricentro tedesco nel centro Europa. La necessità di investimenti pubblici (anche in considerazione della "svolta" del 1990 nel brillante andamento degli investimenti privati) e la necessità di una risposta istituzionale ai nuovi bisogni sociali e territoriali, assegnano un ruolo di primaria importanza alla Regione ed alle Autonomie locali, che tuttavia sono giunte ad una soglia critica nei loro rapporti con lo Stato. Al falso dilemma centro-periferia si sostituisce ormai il dilemma vero tra rappresentanza politica e rappresentanza degli interessi, in un contesto di "normalità dell'emergenza" che sembra penalizzare i cittadini in modo pericoloso. I rischi di degrado dei rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione sono gravi, in particolare, per i loro possibili effetti sul finanziamento del debito pubblico e per i sintomi di crisi fiscale che i recenti successi elettorali dei movimenti autonomisti recano in sé. Il problema di fondo della Lombardia è comunque quello di fare della ricerca e della coesione sociale la leva di uno sviluppo ulteriore, reso necessario dalla perdurante scarsità di risorse innovative, sotto il velo di relativa abbondanza materiale che caratterizza la regione rispetto al contesto nazionale ed internazionale.

Parte economica

Il sistema economico lombardo negli anni Ottanta è stato investito da una vigorosa trasformazione dopo un periodo di intensa ristrutturazione industriale a cavallo del decennio, a partire dal secondo semestre del 1983 è iniziato un lungo ciclo di sviluppo economico. Il tasso medio di crescita del prodotto interno lordo nel periodo è risultato pari al 3% circa su base annua. Il tasso di disoccupazione ha seguito l'andamento della congiuntura: è cresciuto nel primo quinquennio degli anni Ottanta dal 4,3% al 7,4%, per poi tornare su livelli comparabili a quelli iniziali nel 1989 (4,9%). In quest'edizione del Rapporto ci si è occupati di due temi monografici tra loro connessi: i consumi ed i risparmi dei lombardi. In proporzione al reddito, i lombardi consumano di meno e risparmiano mediamente di più della generalità degli italiani, il cui risparmio negli anni Ottanta si è attestato al 21,6% del reddito nazionale, circa due punti e mezzo in più rispetto a quello degli altri paesi dell'Ocse. Negli anni Ottanta però la quota del risparmio sul reddito decresce - parallelamente cresce quella al consumo - di modo che nel medio periodo si evidenzia una tendenza al riequilibrio rispetto agli altri paesi economicamente avanzati. Tra gli altri risultati di maggiore interesse è da segnalare la propensione del risparmiatore lombardo ad indirizzarsi verso forme di utilizzo dei propri capitali più moderne che nel resto del paese.

Parte sociale

La struttura della parte sociale ha sostanzialmente carattere riepilogativo, riprendendo a distanza di cinque anni il modello di analisi sperimentato nell'edizione del 1984. Ci si è posto qui innanzitutto l'obiettivo di evidenziare come si è andato configurando il tessuto sociale della regione alle soglie degli anni Novanta, alla luce delle profonde e molteplici trasformazioni che nel decennio appena trascorso hanno interessato sia la composizione della popolazione, sia la struttura professionale ed il contenuto del lavoro, sia infine i modelli culturali e gli stili di vita. In secondo luogo, si è cercato di verificare se il tenore di vita di cui godono i lombardi sia cresciuto ulteriormente rispetto al passato, e allo stesso tempo se il maggior benessere abbia toccato l'intero territorio regionale o se, viceversa, si sia polarizzato in determinate aree. Inoltre, si è condotta una breve analisi su un tema mai indagato in precedenza nell'ambito del Rapporto: i consumi culturali. L'interesse per tale tematica, in parte, è connesso al fatto che in questo modo si è aggiunto un altro tassello allo studio della realtà sociale lombarda, e in parte, deriva dalla convinzione che molti dei cambiamenti che hanno investito la società trovino uno specchio nello straordinario sviluppo registrato dalle diverse opportunità culturali.

Parte istituzionale

La terza parte del "Rapporto" è come sempre dedicata all'analisi dei profili istituzionali delle politiche regionali. L'edizione 1989 è specialmente diretta a trarre un bilancio dei rapporti fra Stato e Regione dopo vent'anni di esperienza, che meglio si direbbe sperimentazione, alla luce delle vicende che ne hanno caratterizzato la dinamica, con particolare riguardo alla seconda metà degli anni Ottanta. Le Regioni, Lombardia compresa, hanno raggiunto una vera e propria "soglia critica", a seguito di una fortissima compressione della loro autonomia (sotto tutti i profili: politico, programmatorio, amministrativo, organizzativo), nonché di un riassetto finanziario che le ha rese completamente dipendenti da una programmazione nazionale suddivisa per settori o per progetti determinati. Siamo giunti ad una "visione degradata" del principio di leale collaborazione, tale da rendere confusa la stessa identità di posizione e di ruolo della Regione, con tutto ciò che ne consegue in termini di rendimento istituzionale. I fattori di soglia sono tanto importanti e globali da sollecitare ormai una riflessione che la pubblicistica denomina "neoregionalismo". La situazione è ormai tale da legittimare una rinnovata attenzione alle prospettive di modifiche costituzionali, non precluse ad esiti di tipo federalistico, ed in ogni caso tali da ricostituire su basi rigorosamente autonomistiche il sistema attuale, riassegnando così allo Stato (a dimensione nazionale ed europea) il carattere di Stato-ordinamento che gli è connaturato. Ciò non significa che la cooperazione tra Stato e Regione e tra le Regioni stesse non sia necessaria, anzi; significa bensì che tale cooperazione non può aver concretamente luogo, al di fuori di un effettivo ordinamento autonomistico. (x,GEN/0/10)

Ultimo aggiornamento: 19 settembre 2001
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