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[2001] Il malato terminale: l'intervento attivo del medico di medicina generale. Seconda fase.

Gruppo di ricerca: Adolfo Carvelli (Project leader); Claudio Primino Botta; Angelo Sferrazza Papa; Giovanni Bernardo; Emilio Casarini

Committente: Consiglio Regionale della Lombardia, D.G. Programmazione e Relazioni Esterne

Periodo di svolgimento: marzo 2000 - febbraio 2001

Dati di pubblicazione: IReR - Rapporto di ricerca

La presente ricerca è il proseguimento di una prima fase di attività.
"Mors certa, hora incerta", oggi sembra all’uomo comune di essere immortale: complici di questa illusione sono la medicina moderna altamente tecnologica che ha prolungato l’aspettativa di vita e la sopravvivenza media, allontanando l’idea della morte e quella familiarità che i popoli del passato avevano con essa.
Il progresso della medicina ha impoverito progressivamente le competenze mediche sul territorio a favore delle strutture ospedaliere, in particolare questo si è verificato per le fasi terminali della malattia, relegando l’assistenza medico-sanitaria del Paziente con aspettative di vita minima all’interno dell’ospedale.
Un tempo più frequentemente i pazienti e i loro parenti si affidavano al proprio medico per le cure degli "ultimi mesi", attualmente questa delega totale pur affievolita nella frequenza persiste, variando da medico a medico e da territorio a territorio.
Soprattutto è evidente un minor coinvolgimento dei medici di famiglia delle città, rispetto ai colleghi dei piccoli centri.
La cura di questi casi per il Curante non è semplice né facile, poiché il dolore e gli altri sintomi, dall’ascite alla nausea, dagli edemi alla disfagia, dal prurito alle ulcere da decubito, richiedono una presenza e una competenza continua oltrechè un supporto psico-affettivo sia al malato che alla famiglia. Si assiste al domicilio da una parte una carenza di assistenza intensiva, compensata però da un’atmosfera di grande calore umano e familiare alla quale contribuisce il Curante, visto come "componente" del nucleo familiare. È su queste basi che si è deciso di cimentarsi con un protocollo di studio e di ricerca sul territorio, attraverso i quali arrivare ad un’analisi dettagliata dei problemi e difficoltà legati all’assistenza domiciliare del terminale.
Osserva Philippe Ariès che "anche se la dying trajectory è scrupolosamente osservata, la morte non arriva all’ora prevista (hora certa) senza compromettere la dignità del morente, senza urtare la sensibilità di una famiglia spossata dall’attesa…..la morte è indietreggiata e ha lasciato la casa per l’ospedale…..."
Questo studio valuta le dying trajectory a domicilio. (2000A031; SOC/6/9).


Ultimo aggiornamento: 15 gennaio 2002
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